INVESTIGAZIONE NEGLI ALLEVAMENTI DI VISIONI IN ITALIA
Le organizzazioni essereAnimali e Nemesi Animale hanno
documentato le condizioni degli allevamenti di visoni in Italia per più
di un anno e mezzo, con lo scopo di rendere visibili a chiunque questi
luoghi sconosciuti e nascosti, in cui ogni anno vengono uccisi 170mila
individui.
Siamo entrati negli allevamenti senza invito, di giorno e di notte,
abbiamo posizionato telecamere nascoste e ottenuto immagini senza
precedenti attravero il lavoro di un attivista infiltrato.
Per la prima volta in Italia abbiamo documentato il tragico momento dell’uccisione per mezzo di camere a gas e le prime fasi di lavorazione dei cadaveri. Il risultato è “Morire per una pelliccia“, un video che ricostruisce l’intero ciclo vitale dei visoni, dalla nascita alla morte, passando per una vita di reclusione e sofferenza.
Per la prima volta in Italia abbiamo documentato il tragico momento dell’uccisione per mezzo di camere a gas e le prime fasi di lavorazione dei cadaveri. Il risultato è “Morire per una pelliccia“, un video che ricostruisce l’intero ciclo vitale dei visoni, dalla nascita alla morte, passando per una vita di reclusione e sofferenza.
In ogni allevamento la realtà riportata è
sempre la stessa: cadaveri, gabbie piccolissime e affollate,
comportamenti stereotipati, infezioni e ferite non curate.
Come tutti gli animali costretti in un allevamento, tutto quello che i
visoni possono fare è subire quello che viene loro inflitto dagli
allevatori, tutto ciò di cui avranno esperienza è una privazione
continua dei loro istinti, esigenze e necessità. Animali solitari,
amanti di lunghe nuotate e capaci di percorrere chilometri in un solo
giorno, sono invece costretti in gabbie di dimensioni piccolissime e
affollate, lontani dall’acqua e dalla libertà.
Si tratta di un documento che non lascia dubbi: la pelliccia è il
frutto di morte e sofferenza e gli allevamenti di visoni devono essere
aboliti, al più presto.
Per questo la presentazione del video “Morire per una pelliccia”,
accompagnato da fotografie e un dossier cartaceo, è il primo passo di
una campagna di sensibilizzazione e pressione intrapresa da essereAnimali e Nemesi Animale per l’abolizione degli allevamenti di visoni.
Il nostro lavoro si inserisce in un contesto europeo che ha visto
diverse investigazioni negli allevamenti di animali da pelliccia
pubblicate più o meno recentemente in Norvegia, Svezia, Finlandia,
Danimarca, Polonia e Spagna . In alcuni paesi queste immagini sono state
diffuse dai media nazionali aprendo un dibattito sul divieto di
allevamento di animali da pelliccia.
In Italia esistono attualmente sedici allevamenti di visoni. GUARDA DOVE SONO.
Il numero di queste attività è drasticamente calato dagli anni ’90, in cui circa 125 allevamenti erano segnalati alla Camera di Commercio e la produzione era arrivata a 400mila animali uccisi ogni anno. Le motivazioni sono da ritrovarsi in parte nella crisi del settore della pellicceria e in parte nelle continue campagne di pressione, informazione e sensibilizzazione da parte di organizzazioni animaliste. Altro fattore determinante sono state le decine di liberazioni di animali compiute da attivisti animalisti anonimi negli ultimi anni, che hanno aperto le gabbie di migliaia di visoni e causato ingenti danni economici agli allevamenti, alcuni dei quali sono stati costretti a chiudere.
Il numero di queste attività è drasticamente calato dagli anni ’90, in cui circa 125 allevamenti erano segnalati alla Camera di Commercio e la produzione era arrivata a 400mila animali uccisi ogni anno. Le motivazioni sono da ritrovarsi in parte nella crisi del settore della pellicceria e in parte nelle continue campagne di pressione, informazione e sensibilizzazione da parte di organizzazioni animaliste. Altro fattore determinante sono state le decine di liberazioni di animali compiute da attivisti animalisti anonimi negli ultimi anni, che hanno aperto le gabbie di migliaia di visoni e causato ingenti danni economici agli allevamenti, alcuni dei quali sono stati costretti a chiudere.
LA SITUAZIONE LEGISLATIVA
L’unica proposta di legge esistente fino ad
ora prevedeva che a partire dal 1 gennaio 2008 gli allevamenti in
Italia avrebbero dovuto diventare “a terra”, cioè senza gabbie e con
pozze d’acqua per gli animali.
Questo avrebbe reso anti-economico e impossibile allevare animali da
pelliccia, portando di fatto alla chiusura di tutti gli allevamenti
italiani. Il Ministero della Salute ha però ribaltato gli effetti di
questa legge una circolare datata 18 gennaio 2008 nella quale riceveva
favorevolmente i ricorsi degli allevatori e dava la possibilità di
scegliere tra allevamento tradizionale in gabbia e quello a terra. In
questo modo gli allevamenti di visone sono stati salvati.
> Recentemente il comune di Noceto (Parma) ha posto per la
prima volta in Italia un “divieto di allevamento di animali da
pelliccia” nel tentativo di far chiudere un allevamento sorto nella
frazione di Cella;
> il 30 novembre 2012 l’allevamento della
famiglia De Poli, a Montirone (Bs), ha dovuto chiudere i battenti
secondo un’ordinanza del sindaco;
> sempre nello stesso periodo il sindaco di
Rivarolo del Re (CR), in seguito ad una grande mobilitazione, ha
bocciato un progetto che avrebbe portato alla costruzione di 28 enormi
capanni in cui rinchiudere 40mila visoni.
Tutte queste notizie positive fanno sperare nella possibilità di
arginare definitivamente il tentativo di AIAV (Associazione Italiana
Allevatori Visone) di far ripartire quest’attività.
Si stanno evidentemente gettando le basi per un consenso che
porti quanto prima al divieto totale di allevamento di visoni in Italia.
Ognuno di noi può fare la differenza: dobbiamo lottare per abbattere
la mentalità specista, che vede negli animali lo scalino più basso di
una piramide, al cui vertice si erge padrone indiscusso l’essere umano.
Non acquistare accessori o capi con inserti di pelliccia e rifiutarsi di
consumare i prodotti derivanti dallo sfruttamento animale è il primo
passo necessario e indispensabile in questa direzione.
COSA PUOI FARE TU?
1. INFORMARTI,
2. DIFFONDERE LA NOTIZIA AI TUOI CONTATTI FACEBOOK, MAIL, ETC;
3. FIRMARE LA PETIZIONE INDETTA DA NEMESI CLICCANDO QUI
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