mercoledì 30 gennaio 2013

Davide Battistini - aggioramenti dallo sciopero dalle fame contro i cani alla catena

Il mio digiuno: la forza dell’immedesimazione

Non ho mai vissuto con un cane ma nella lotta antirazzista ho imparato che ci sono  modi molto efficaci per comprendere il reale stato delle cose: l’immedesimazione, la sostituzione di concetti malnoti con altri più familiari. Per dire: basta sostituire il termine ebrei al vocabolo rom per capire quanto siano odiosi e violenti la propaganda e i pregiudizi che colpiscono il popolo rom (si parla con disinvoltura di emergenza rom, di rom che rubano, di rom inconciliabili con la nostra società e così via, ma non si potrebbe mai parlare, nel discorso pubblico, di emergenza ebrei, di ebrei inassimilabili, dediti al malaffare e via dicendo,  almeno non dopo la Shoah).
L’immedesimazione è uno strumento di conoscenza altrettanto potente. Quando si parla di cittadinanza delle persone che vengono da fuori, o dell’invio di mezzi militari a sorvegliare le coste o dell’ecatombe in atto da anni e anni nel Mediterraneo nell’indifferenza generale, basta provare a calarsi nella parrte di chi si trova sul lato opposto al nostro rispetto alla fasulla linea di demarcazione noi/loro tracciata da chi detiene il potere, per capire di fronte a quali aberrazioni ci troviamo, fuori da ogni retorica e condizionamento.
Lo stesso procedimento può essere seguito con gli animali non umani, grazie alle conosceneze dirette e di etologie che permettonosuperare la barriera di specie. Penso ai miei gatti, ai cani che conosco, pur non avendo mai convissuto con loro, e provo a pensare che cosa voglia dire vivere ore e ore, giornate intere, in una gabbia o legati a una catena che impedisce ogni movimento, se non in uno spazio angusto. E’ una forma di tortura che gli stessi umani “padroni” dei singoli individui soggetti a questa forma di repressione, forse nemmeno percepiscono a fondo.

Vivere con un animale, per noi umani, comporta un insieme di impegni e di doveri che hanno bisogno d’essere continuamente aggiornati, perché la relazione fra umani e non umani cambia nel tempo, con una progressiva contenzione del rapporto di dominio che abbiamo ereditato dal passato.
Ce lo mostra bene la legislazione, che contempla, rispetto a venti-trenta anni fa, per non andare più indietro nel tempo, una progressiva estensione delle tutele e dei riconoscimenti per gli animali non umani. Tutti noi animalisti citiamo il Trattato di Lisbona e la nozione di “esseri senzienti”  che contiene.
L’apparato normativo è per alcuni aspetti  più avanti della sensibilità diffusa, ma per altri aspetti molto più indietro. Basti pensare alla caccia e alla vivisezione, ormai invisi a larga parte della popolazione ma permessi e addirittura incoraggiati dalle leggi vigenti. E gli stessi allevamenti intensivi, a ben vedere, sono  da mettere nel mirino dei cambiamenti normativi da introdurre a breve termine, vista la scarsa popolarità di cui godono nonostante la loro invisibilità e la potente propaganda carnista in atto nella nostra società.

La battaglia di Davide Battistini per una normativa che escluda – salvo circoscritte eccezioni -  la possibilità di tenere i cani alla catena, si inscrive fra le lotte che possono condurre a miglioramenti normativi immediati nell’ambito di quella grande corrente di cambiamento che sta portando a dei passi avanti verso la liberazione animale (che è un aspetto non secondario della stessa liberazione umana).
Il digiuno di Davide merita d’essere sostenuto e il suo coraggioso impegno deve avere tutta la nostra ammirazione. Qualcuno pensa che la sua sia una lotta troppo dura e faticosa rispetto all’obiettivo che si è prefissato, ma non è così, se si pensa – ecco l’immedesimazione – alla sorte inflitta a ciascuno dei cani oggi in catene e al messaggio che sarà mandato a tutti i cittadini una volta che la battaglia contro le catene sarà vinta. Altre battaglie verranno, per obiettivi anche più ampi di quello indicato da Davide, e altre persone si uniranno. La convinzione che Davide sta mostrando è quindi degna della massima attenzione e merita  d’essere presa come esempio.

Le mie 24 ore senza cibo sono state un’esperienza molto istruttiva. Compiere un piccolo gesto del genere, spinge a riflettere un po’ più del normale, a badare di più ai propri intimi convincimenti e all’importanza di farsi inspirare da questi convincimenti nei comportamenti quotidiani. Qualcosa del genere insegnava ai suoi tempi Gandhi, che ha praticato il digiuno sia come forma di lotta nonviolenta sia come personale tecnica di  disciplina e autoformazione.
La lotta di Davide è anche la nostra lotta, si aggiunge a molte altre in corso e tutte insieme appartengono alla famiglia del progresso dei viventi. Abbiamo ancora molti cambiamenti da fare, e con urgenza, per dare un futuro a  noi stessi e a chi verrà dopo di noi.
Forza Davide. Restiamo animali!

Fonte Restiamo Animali

lunedì 28 gennaio 2013

UE, INDAGINE SU DENUNCIA DI PETA: MIGLIAIA DI ANIMALI UCCISI PER TEST NON NECESSARI

Decine di migliaia di animali sarebbero stati utilizzati in Europa per esperimenti non necessari, in violazione del regolamento che disciplina i test sui prodotti chimici. In risposta a questa denuncia della sezione inglese di PETA, il Mediatore europeo (l'istituzione alla qual sono rivolte le denunce relative ai casi di cattiva amministrazione che coinvolgono istituzioni e organismi dell'Unione) ha avviato un'indagine sulle azioni dell'agenzia europea responsabile della gestione del programma REACH, (Il Regolamento n. 1907/2006 del Parlamento Europeo del Consiglio del 18 dicembre 2006 concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche) che utilizza milioni di animali nei test di tossicità.
La denuncia di PETA, presentata nel luglio 2012, afferma che l'agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) non sta prestando la dovuta attenzione ai casi in cui la sperimentazione animale potrebbe essere evitata in base alle norme di REACH. PETA sostiene che le prove derivanti da documenti pubblici e dalla corrispondenza con l'agenzia dimostrano che l'ECHA non sta prendendo le misure necessarie per garantire l'adempimento dell' obbligo, imposto dal REACH, che la sperimentazione animale sia effettuata solo come "ultima risorsa".
Il regolamento REACH chiarisce in dichiarazioni, articoli e allegati che i test sugli animali devono essere evitati per quanto possibile, ma nel 2011 il rapporto dell'agenzia "The use of alternatives to Testing on Animals for the REACH Regulation" ha evidenziato che decine di migliaia di animali sono stati utilizzati in test che avrebbero potuto essere evitati proprio in base alle regole del REACH. Tra questi 135 studi sull'irritazione della pelle condotti dopo che era stato validato un test sostitutivo e 107 studi effettuati senza previa presentazione e approvazione di una proposta di sperimentazione.
In risposta alla relazione, PETA ha contattato l'ECHA e la Commissione europea per assicurarsi che tutte le eventuali violazioni siano state oggetto di indagine da parte dell'organismo e / o segnalati alle competenti autorità nazionali. L'inchiesta di PETA ha rivelato che l'ECHA non si sta adoperando per indagare su tutti i 107 test su animali condotti senza presentazione della proposta, non informa direttamente le autorità competenti dello Stato membro di tutte le violazioni della regola dell'"ultima risorsa" e non valuta i fascicoli informativi presentati da imprese chimiche per stabilire se le prove svolte su animali in base a REACH avrebbero potuto essere evitato. ECHA sarebbe quindi responsabile di "cattiva amministrazione" ed è questo reclamo che ha indotto il Mediatore europeo ad aprire l'inchiesta

Fonte: nelcuore.org

venerdì 25 gennaio 2013

Ombre cinesi



 

Quel che vedete è un pollo, uno dei tanti in gioco,vivo certo; trafitto da più dardi nel corso di una rinomata competizione invernale che si svolge a Jilin, in Cina, secondo una tradizione folkloristica sino-coreana.
Ancorati all’idea di una Cina immobile e burbanzosa, irretita nelle trame di una abiezione che troppi ormai gli hanno disegnato addosso come lettera scarlatta, vi sarete pur chiesti se in questo lembo d’Oriente qualcosa eppur si muove, anche per le bestie. A giudicare da ciò che qui si mostra non sembrerebbe proprio.
C’è da dire che una certa acrimonia sembra inevitabile nei rapporti fra gli uomini, come già il caro Hegel aveva argutamente mostrato servendosi delle figure del servo e del padrone: si tratterebbe di un prezzo che si paga per confrontarsi con la diversità, soprattutto quando questa si avvicina minacciosa. In genere basta un passo di troppo e si è già in un altro paese; ovviamente caotico, sporco, incivile, degenerato e pieno di loschi tipi. Eh già, l’erba del vicino…
Sopportare gli altri, e le loro visioni del mondo, non è certo una sciocchezza.
Millenni di agape cristiana hanno moltiplicato i pugnali; se girando l’angolo, come pare, ancora ci si scanna per l’idea di un Dio, infinitamente buono e giusto, che dileguatosi nella sua trascendenza nemmeno si sa più che forma abbia. E questo solo per non tacere delle cose sublimi.
Accondiscendere è moralmente riprovevole, ipocrita, vile e inumano. È la maniera con la quale certi uomini hanno il privilegio di guardare il mondo, come dallo spioncino di una porta. Se non interessa a noi direttamente, non c’è neppure ragione per darsi troppo da fare, specie se non ce ne viene niente in cambio. Se ancora, in taluni casi, la semplice indifferenza può esprimere un atto di protesta, l’epochè di fronte a ogni scelta morale verso atteggiamenti che esigerebbero risposte inaccettabili, l’accondiscendenza è la passiva, consapevole e indulgente accettazione del mondo come dato: è ciò che succede a quanti osservano inorriditi senza nulla tentare, scusandosi col dire che così va il mondo, anche se non vi pare.
Come spettatori che dal ciglio di una strada contano i feriti di un incidente, magari visibilmente preoccupati, roranti e persino roganti, diciamo sì a un mondo che tuttavia ci ripugna.
Più complicata è invece la questione sulla tolleranza, passando per ora sotto silenzio i suoi tanti paradossi: nonostante se ne parli, ormai con insistenza , dal 1685 – con la celeberrima Letter Concerning Tolleration di John Locke – essa non implica quasi mai un riconoscimento dell’altro proprio in ragione della sua diversità. Questa sembra la causa per cui un solo vegano è simpatico e persino trendy, ma una comunità di essi rappresenta un’autentica iattura.  Più che un modo tollerante è un modus tollens.
A dirla tutta la faccenda non sarebbe di poco conto.
Qui si mangiano le mucche e i maiali e non pare, mi scuso per gli omissis, che ai più tutto ciò suoni bizzarro o rivoltante. Altrove accade lo stesso per cani, gatti e qualche altra esotica creatura. Ma noi, ovviamente, che le idee le abbiamo chiare dai tempi di quel Francesco, nemmeno a pensarci: cinesi bastardi, spazzatura, bruciassero pure vivi. Anche questa purtroppo sembra una conseguenza inevitabile di certo pluralismo.
La differenza configura in questo caso una relazione smaccatamente asimmetrica. Si possono citare le parole di Gandhi, fastigio e vanto della bioetica animale contemporanea:
La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali.
Va da sé che anche questa è una di quelle corbellerie pronte a sventolarsi a mo’ di gonfalone nei numerosi scontri fra opposte contrade, come se noi fossimo davvero in grado di spiegare il significato dei termini coinvolti e persino di imporli proditoriamente in un dialogo fra culture diverse. Saremmo, forse, come diceva l’indimenticabile Feuerbach, anche quello che mangiamo?
“Noi, in nome di principi fondati su nulla – salvo che sulla nostra storia e sulla nostra pelle – e che possiamo condividere tra di noi, ci stiamo arrogando il diritto di governare l’intera vita del pianeta e di ridurla ad unum, con le buone o con le cattive e servendoci della buona ragione, ma anche della scusa che altri popoli, talvolta, sono feroci e barbari. Noi invece no. Noi, con la desertificazione di queste intere regioni della terra, con la distruzione di ogni loro condizione di vita (per cui non hanno scelta e se vogliono sopravvivere devono vivere come noi, assimilarsi al nostro modello), non siamo barbarici. Siamo la civiltà.[1]
L’etica non è un fucile caricato con una sola pallottola e non esiste un unico obiettivo verso il quale le società tutte dovrebbero tendere: non c’è promozione dei diritti animali senza una consapevole riflessione sulla condizione umana; di più, non esisterebbe una questione animale se non ci fosse l’uomo a sentirne l’esigenza. Certo specismo alla rovescia nuoce agli animali più che agli uomini.
Non siamo certi, per servirsi di una litote, nemmeno che esistano i diritti stabiliti per natura, quelli che dovrebbero spettare a ogni individuo per il semplice fatto di esistere. Sic et sempliciter. A pensarci un po’ su, solo qualche decennio fa la faccenda sembrava piuttosto scontata; e le idee, che allora parvero di certo e flaviscente splendore, hanno prodotto ruine dalle quali troppo sbrigativamente abbiamo estratto le nostre polverose teste.
Che sia forse sorto d’improvviso l’uomo universale, mirabolante costruzione occidentale suggerita dalle intelligenze più illuminate?  Non sappiamo se da qualche parte, per esempio in Niger, qualcuno discuta  d’integrità psicofisica degli indigeni, che – si dice- pensano, sentono, hanno percezioni ed emozioni come le nostre, stessa scienza e, se lo vogliamo, anche la medesima religione. Chissà come mai non dovrebbero voler desiderare le stesse cose e soddisfare anche i medesimi bisogni.
Non è davvero per questa ragione che esportiamo democrazia, diritti e valori?
Questa teoria del soldatino di stagno può anche essere affascinante, suggerita per giunta da una vago afflato irenico che ignora totalmente la nostra meravigliosa storia. Saremo pure imperfetti noi, ma quei maledetti cinesi…
C’è da dire che in questo sconfinato paese, molto ancora dev’essere fatto: pensate che non esiste neppure una legge nazionale sulla tutela e il benessere degli animali; solo qualche scapigliato regolamento ispirato dall’urgenza delle circostanze e dal disagio di pochi, preoccupati che i molti se ne accorgano.Ricordate Pechino 2008? Ai ristoranti venne vietato di servire carne di cane e di gatto per tutta la durata dei giochi.
Gli animali sono numeri. Accade qui, nell’Occidentecivilizzato, e non si comprende perché altrove le cose dovrebbero andare diversamente. O davvero qualcuno può credere che fra quei polli appesi a testa in giù in attesa del mortale schiocco e i simpatici coniglietti negli stabulari europei o americani, ci sia poi tutta questa differenza?
Ci sarebbe da aggiungere che la povertà, schermo sociale che a molti piace credere possa essere indifferente alle vicissitudini morali di un popolo, è un problema che angoscia l’esistenza di oltre un miliardo di persone solo nella Cina continentale.
Difficile, ancora, porsi con serietà il problema dell’avorio in molti paesi africani dove questa pratica continua senza sosta; soprattutto se, rivendendolo, gli improvvisati bracconieri ottengono immantinente quel che altrimenti non metterebbero insieme in una vita intera. Queste cose, però, continuano a farci ribrezzo quando le guardiamo dalle nostre gigantesche televisioni al plasma.
Ora, scagliare delle frecce contro dei polii vivi, annodati a una corda e fissati a lastre di ghiaccio, non è propriamente uno spettacolo degno del Festival della Neve di Jilin; né di alcun luogo sul quale dovrebbe mai affacciarsi presenza umana.
Capita, però, che non tutto – nemmeno da quelle parti – accada con indifferenza. Numerosi media, radio, social network e tv hanno divulgato le raccapriccianti immagini e condannato duramente la sporca esibizione, che in breve ha fatto il giro del paese. 
Lisa e Xin di Animals Asia hanno immediatamente guidato un gigantesco movimento di protesta sul portale Sina Weibo, il più grande della Cina, inducendo il governo locale a sospendere la vile esecuzione. Il Dipartimento del Turismo, consapevole della pubblica protesta, ha anche abolito simili forme d’intrattenimento per le prossime edizioni dei giochi invernali.
Non si tratta tuttavia di un evento isolato. Soprattutto quando le modalità di sfruttamento esprimono crudeli attività economiche che non fanno parte dello spirito di questo popolo, molti sono i freni che la società civile mette in atto per bloccarne l’affermazione. Basti pensare al divieto verso gli allevamenti di Foie Gras; al bando nei confronti di tutte le performance che provocano abusi agli animali nei circhi e negli zoo safari; alla corrida e al rodeo; alla caccia sportiva (trophy hunting) e soprattutto alla serrata contestazione contro le fattorie della bile.
La Cina,e sarebbe bene rendersene presto conto, non è poi così lontana da noi, in qualsiasi maniera venga dipinta.

Di Antonella Palla per orsidellaluna.org

giovedì 24 gennaio 2013

La collina dei conigli - una nuova casa per gli animali da sperimentazione

Si trova a Monza il primo centro in Italia che si occupa della cura, della riabilitazione e del successivo collocamento di piccoli animali salvati da situazioni di criticità: a «La collina dei conigli» topolini, criceti, cavie peruviane, ratti e coniglietti provenienti da laboratori di sperimentazione vengono curati ed accuditi, conoscendo così una nuova vita grazie al prezioso operato dei volontari. «La nostra associazione – spiega Marco Zorzetto, presidente della onlus - ha come principale obiettivo il recupero degli animali, la riabilitazione sociale e la successiva riadozione da parte di persone interessate a prendersene cura». La storia dell’associazione inizia nel 2005, anno della fondazione: ad oggi sono 1.400 i piccoli amici pelosi assistiti da «La collina dei conigli». Nel 2011 viene aperto nel parco di Monza il «Centro di recupero per animali da laboratorio», un fondamentale traguardo raggiunto con l’obiettivo di garantire ai quattro zampe un’assistenza completa e specifica. «I recuperi vengono concordati dall’associazione direttamente con i laboratori di sperimentazione attraverso delicate trattative – si legge in una nota informativa de «La collina dei conigli» -, che spesso comportano la presa in carico in tempi brevi di molti animali per volta. Al loro arrivo questi vengono visitati da veterinari esperti, curati se necessario, vaccinati e sterilizzati laddove opportuno, avviati al percorso di riabilitazione adatto al loro stato e alla loro specie, e quindi all’adozione definitiva». L’ideale per questi piccoli quattro zampe è essere adottati da famiglie che possano garantire loro uno spazio adatto alle caratteristiche della specie, cure idonee e tanto affetto: «Questo perché “da laboratorio” non è una etichetta in disaccordo con “da compagnia” - prosegue la nota dell’associazione -: sono animali in grado di vivere una vita piena di soddisfazioni e di affetto in qualsiasi famiglia che li voglia accogliere, come e più di un qualsiasi altro. In particolare promuoviamo l’adozione dei New Zealand, splendidi coniglioni penalizzati non solo dai diffusi pregiudizi sugli animali da laboratorio, ma anche da quello che vuole che il coniglio da compagnia sia solo di taglia “nana”». E’ possibile aiutare gli animali ospiti dell’associazione onlus anche attraverso adozioni a distanza. Sono tanti i modi per sostenere le attività de «La collina dei conigli»: diventando soci, effettuando donazioni, dedicando un po' del proprio tempo ai quattro zampe del centro di recupero o acquistando il «calendario 2013 antivivisezione». I 16 scatti, realizzati dal Rachele Totaro, vedono protagonisti alcuni degli animali ancora in cerca di sistemazione ed altri già adottati: il ricavato della vendita del lunario andrà a favore dei 20 conigli, dei 48 porcellini d’India, dei 24 topolini e dei 68 ratti attualmente ospitati al centro di recupero nel parco di Monza. Il calendario può essere richiesto tramite mail agli indirizzi promozioni@lacollinadeiconigli.net e lacollinadeiconiglionlus@gmail.com. Per ulteriori informazioni, www.lacollinadeiconigli.net.

testo di Rose Ricaldi 






 

mercoledì 23 gennaio 2013

Solidarietà all'attivista Davide Battistini

 
Riportiamo il comunicato stampa dell'Associazione Oltre le Specie rinnovando anche da parte di SIUA la piena solidarietà all'attivista Davide Battistini

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COMUNICATO DI SOSTEGNO
ALL'ATTIVISTA ROMAGNOLO
IN SCIOPERO DELLA FAME 


Oltrelaspecie esprime piena solidarietà e sostegno a Davide Battistini  attivista in sciopero della fame dal 1° gennaio dell'anno in corso.

L'obiettivo dell'iniziativa è ottenere che la Regione Emilia Romagna stabilisca il divieto su tutto il territorio di sua competenza riguardo l'uso della catena, ancora molto diffuso, a danno dei cani. Evidenziando le contraddizioni che emergono dalle disposizioni previste in merito dai Comuni, dalle Regioni e dalle leggi nazionali, Davide ha individuato nell’ente regionale il punto sensibile, per mezzo di una pressione individuale, per ottenere un importante cambiamento.
Da parte sua Oltrelaspecie desidera contribuire a diffondere questa notizia, affinché il cammino intrapreso dal singolo animalista non si spenga nell'indifferenza che viene dal disinteresse sociale e dal conseguente isolamento per una richiesta che, una volta accolta, allevierebbe la sofferenza di centinaia, migliaia di animali.
Ols, in quanto associazione impegnata nella più ampia lotta di liberazione dei non umani (a prescindere dalla loro specie d'appartenenza) sottolinea come la schiavitù animale gravi su miliardi di animali non solo cosiddetti 'd'affezione', ma anche sui soggetti considerati 'da reddito' a fini alimentari, 'da vivisezione' a fini scientifici, 'da pelle e pelliccia' a fini di abbigliamento, 'da caccia' per fini sportivi o 'da detenere ed addestrare' a fini d'intrattenimento per gli umani.
La logica di sfruttamento che sta alla base di tutti gli atti discriminatori poggia sulla convinzione che la nostra specie abbia il diritto di disporre della vita altrui poiché 'diversa', poiché presupposta 'minore'. Tale logica corrisponde anche alle numerose dinamiche di prevaricazione intraumane, ancora una volta perpetrate a danno delle categorie più deboli, così trasformate in 'inferiori'.
Entrando nello specifico della questione randagismo, la società antropocentrica dimostra di aver partorito una legge di apparente e flebile tutela nei confronti di cani e gatti (la tanto osannata 281), con l'apparente intento di proteggere almeno le due specie che hanno condiviso con noi un lunghissimo processo di stretta coevoluzione. Risulta chiaro che vige una evidente mancanza istituzionale generalizzata di volontà nel porre fine alle immani tragedie che ancora colpiscono anche queste due specie animali. Infatti, oltre a costringere alla detenzione migliaia di essi nelle prigioni a cielo aperto chiamate 'canili' e 'gattili', oltre a far ricadere buona parte del carico di lavoro sulle spalle dei volontari che si prendono disperatamente cura di loro, permangono veri e propri vuoti legislativi che comprendono la possibilità di rinchiuderli in recinti, serragli e di obbligarli ad un luogo per mezzo di catene strette al loro corpo.
Alla stregua di schiavi dell'umano che li 'possiede', quali fossero strumenti di difesa e/o occasionale mera compagnia, cani e gatti soffrono tremendamente l'essere così vicini ad una specie che, concependosi come loro padrona, li costringe alla deprivazione sociale e sensoriale.
Immaginate che la percezione del mondo che vi circonda sia circoscritta a pochi centimetri o metri scanditi da una sequenza di anelli di una catena; immaginate che le escoriazioni del vostro collo affondino le ragioni della vostra insofferenza fino ad inondare di dolore e solitudine il vostro cuore affranto e senza speranza; immaginatevi di dover vivere la relazione dello schiavo con il padrone, non riuscendo a discernere il significato di una carezza che viene dall'altro capo di una catena oltre che fisica, mentale....Questo scenario per noi inimmaginabile (in quanto appartenenti alla schiera dei dominatori) possiamo però intuire che alberghi nell'anticamera della pazzia.
All'interesse dei non umani, anche quando esso è fondamento esistenziale, non viene quasi mai accordato peso se non dopo anche il più insignificante interesse umano, poichè fra animali e umani sussiste ancora il diritto di proprietà e gli umani sono culturalmente abituati a percepire gli altri animali come meri oggetti di proprietà. Noi CHIEDIAMO che agli animali, come in passato agli schiavi umani, venga riconosciuto lo status morale di PERSONE, per l'ottenimento della protezione giuridica degli interessi fondamentali. Il fatto che ciò non sia ancora avvenuto è ingiustificabile, se si pensa che il nostro sistema giuridico considera persone giuridiche persino alcune entità non sensibili. La prima rivoluzionaria conseguenza sarebbe la fine della mercificazione e quindi il DIVIETO DI ALLEVAMENTO E VENDITA degli individui riconosciuti come soggetti e non più oggetti di proprietà, dei quali altri possono disporre a piacere. Questa impostazione innovativa dello status morale e giuridico degli animali , rimuoverebbe gli ostacoli alla fruizione dei diritti ancora negati, restituendo alle vittime dell'oppressione la giustizia dovuta.
Per evitare di veder scatenate nei telegiornali le guerre ai cosiddetti cani 'pericolosi', per non sentir più guaire 'da lontano' esseri senzienti vissuti come antifurti in carne e ossa, ci uniamo al grido di libertà lanciato da Davide Battistini, rilanciando la protesta a livello nazionale.
Un nostro attivista -nonchè volontario dell'associazione A.p.a.r. nel canile e gattile di Gallarate- oggi si affianca allo sciopero della fame in corso già da due settimane da parte dell'attivista romagnolo, nella speranza che da tutta Italia si levi più forte l'eco della voce degli animali 'legati FINO ALLA MORTE'.
Mentre il movimento animalista nel suo complesso fatica a far confluire le disparate energie in progetti di progressiva e radicale modifica dello status quo, riteniamo importante che singoli individui si facciano carico di battaglie atte a scuotere le coscienze.



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La notizia è stata riportata anche da numerose testate nazional come Il Corriere della Sera.
Ulteriori informazioni sono reperibili sul Blog  di Davide ed è inoltre possibile firmare la petizione cliccando qui






NEMESI ANIMALE - CONTRO LA VIVISEZIONE - SABATO 26 GENNAIO ORE 15 - VARESE, CORSO MATTEOTTI

Iniziativa di NEMESI ANIMALE

 PER LA LIBERAZIONE DI OGNI ESSERE VIVENTE 

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STRUMENTI DI TORTURA A VARESE

Una protesta in piazza per parlare di vivisezione e far conoscere due aziende che nella provincia costruiscono strumenti per torturare gli animali e infliggere loro sofferenza.

Nella provincia di Varese si nascondono due aziende che hanno ruolo fondamentale nelle torture sugli animali nei laboratori. Negli stabilimenti Tecniplast di Buguggiate e dalla Ugo Basile di Comerio vengono progettati e costruiti strumenti per imprigionare animali, ustionarli, decapitarli, immobilizzarli, provocare dolore sugli arti, rilasciare scariche elettriche.
I loro cataloghi sono un inno alla sofferenza e il dominio degli altri esseri viventi, un vero viaggio nell’inferno della vivisezione.
Con questa iniziativa vogliamo spezzare il muro di silenzio che nasconde i loro sporchi affari e far conoscere i nomi di chi è responsabile ogni giorno della tortura nei laboratori.
Vogliamo far conoscere cosa provano gli animali ogni giorno in quasi 600 laboratori nella sola Italia.
Vogliamo dare voce ai loro lamenti inascoltati, alle loro corde vocali recise, ai loro sguardi chiusi dietro le sbarre.
Metteremo in atto una semplice coreografia per far immedesimare le persone su ciò che accade grazie agli strumenti di Tecniplast e Ugo Basile. Abbiamo bisogno di persone volenterose per aiutarci a rendere visibile l’iniziativa!

KNOWLEDGE IS POWER, ovvero, SAPERE E' POTERE 

L'informazione è il primo mattone verso la costruzione di un mondo migliore!

Leggi e diffondi il report che NEMESI ANIMALE ha stilato circa i laboratori di vivisezione presenti sul territorio milanese. Il report è raggiungibile al link 

/http://www.nemesianimale.net/vivisezione/la-vivisezione-nei-laboratori-di-milano-dossier-informativo/

 Ulteriori informazioni su NEMESI ANIMALE al sito http://www.nemesianimale.net/chi-siamo/