mercoledì 30 gennaio 2013

Davide Battistini - aggioramenti dallo sciopero dalle fame contro i cani alla catena

Il mio digiuno: la forza dell’immedesimazione

Non ho mai vissuto con un cane ma nella lotta antirazzista ho imparato che ci sono  modi molto efficaci per comprendere il reale stato delle cose: l’immedesimazione, la sostituzione di concetti malnoti con altri più familiari. Per dire: basta sostituire il termine ebrei al vocabolo rom per capire quanto siano odiosi e violenti la propaganda e i pregiudizi che colpiscono il popolo rom (si parla con disinvoltura di emergenza rom, di rom che rubano, di rom inconciliabili con la nostra società e così via, ma non si potrebbe mai parlare, nel discorso pubblico, di emergenza ebrei, di ebrei inassimilabili, dediti al malaffare e via dicendo,  almeno non dopo la Shoah).
L’immedesimazione è uno strumento di conoscenza altrettanto potente. Quando si parla di cittadinanza delle persone che vengono da fuori, o dell’invio di mezzi militari a sorvegliare le coste o dell’ecatombe in atto da anni e anni nel Mediterraneo nell’indifferenza generale, basta provare a calarsi nella parrte di chi si trova sul lato opposto al nostro rispetto alla fasulla linea di demarcazione noi/loro tracciata da chi detiene il potere, per capire di fronte a quali aberrazioni ci troviamo, fuori da ogni retorica e condizionamento.
Lo stesso procedimento può essere seguito con gli animali non umani, grazie alle conosceneze dirette e di etologie che permettonosuperare la barriera di specie. Penso ai miei gatti, ai cani che conosco, pur non avendo mai convissuto con loro, e provo a pensare che cosa voglia dire vivere ore e ore, giornate intere, in una gabbia o legati a una catena che impedisce ogni movimento, se non in uno spazio angusto. E’ una forma di tortura che gli stessi umani “padroni” dei singoli individui soggetti a questa forma di repressione, forse nemmeno percepiscono a fondo.

Vivere con un animale, per noi umani, comporta un insieme di impegni e di doveri che hanno bisogno d’essere continuamente aggiornati, perché la relazione fra umani e non umani cambia nel tempo, con una progressiva contenzione del rapporto di dominio che abbiamo ereditato dal passato.
Ce lo mostra bene la legislazione, che contempla, rispetto a venti-trenta anni fa, per non andare più indietro nel tempo, una progressiva estensione delle tutele e dei riconoscimenti per gli animali non umani. Tutti noi animalisti citiamo il Trattato di Lisbona e la nozione di “esseri senzienti”  che contiene.
L’apparato normativo è per alcuni aspetti  più avanti della sensibilità diffusa, ma per altri aspetti molto più indietro. Basti pensare alla caccia e alla vivisezione, ormai invisi a larga parte della popolazione ma permessi e addirittura incoraggiati dalle leggi vigenti. E gli stessi allevamenti intensivi, a ben vedere, sono  da mettere nel mirino dei cambiamenti normativi da introdurre a breve termine, vista la scarsa popolarità di cui godono nonostante la loro invisibilità e la potente propaganda carnista in atto nella nostra società.

La battaglia di Davide Battistini per una normativa che escluda – salvo circoscritte eccezioni -  la possibilità di tenere i cani alla catena, si inscrive fra le lotte che possono condurre a miglioramenti normativi immediati nell’ambito di quella grande corrente di cambiamento che sta portando a dei passi avanti verso la liberazione animale (che è un aspetto non secondario della stessa liberazione umana).
Il digiuno di Davide merita d’essere sostenuto e il suo coraggioso impegno deve avere tutta la nostra ammirazione. Qualcuno pensa che la sua sia una lotta troppo dura e faticosa rispetto all’obiettivo che si è prefissato, ma non è così, se si pensa – ecco l’immedesimazione – alla sorte inflitta a ciascuno dei cani oggi in catene e al messaggio che sarà mandato a tutti i cittadini una volta che la battaglia contro le catene sarà vinta. Altre battaglie verranno, per obiettivi anche più ampi di quello indicato da Davide, e altre persone si uniranno. La convinzione che Davide sta mostrando è quindi degna della massima attenzione e merita  d’essere presa come esempio.

Le mie 24 ore senza cibo sono state un’esperienza molto istruttiva. Compiere un piccolo gesto del genere, spinge a riflettere un po’ più del normale, a badare di più ai propri intimi convincimenti e all’importanza di farsi inspirare da questi convincimenti nei comportamenti quotidiani. Qualcosa del genere insegnava ai suoi tempi Gandhi, che ha praticato il digiuno sia come forma di lotta nonviolenta sia come personale tecnica di  disciplina e autoformazione.
La lotta di Davide è anche la nostra lotta, si aggiunge a molte altre in corso e tutte insieme appartengono alla famiglia del progresso dei viventi. Abbiamo ancora molti cambiamenti da fare, e con urgenza, per dare un futuro a  noi stessi e a chi verrà dopo di noi.
Forza Davide. Restiamo animali!

Fonte Restiamo Animali

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