venerdì 15 marzo 2013

Evento mondiale 269Life.com (21 marzo): un dialogo con Carolina Bertolaso

Intervista a cura di Paola Sobbrio apparsa sul blog Asinus Novus - Antispecismo e filosofia 


Il 21 Marzo  in tutto il mondo avrá luogo una manifestazione per la liberazione animale che prevede di tatuarsi in modo permanente o marcarsi a fuoco il numero 269, numero del marchio auricolare di un vitello vittima dell’industria dei latticini che è stato scelto casualmente per diventare il simbolo di tutti gli animali vittime del dominio umano. La manifestazione ha come motto  “Siamo tutti 269” e si propone di rendere visibile l’invisibilità dello sfruttamento animale. Per capire meglio come è nata questa manifestazione, come è stata organizzata e quali sono gli obiettivi che si propone ho intervistato la sua ideatrice, Carolina Bertolaso, italiana ma che vive e studia a Valencia,   da piú di quattro anni attivista del movimento antispecista.
Dove nasce il movimento 269life?
Il movimento 269life nasce pochi mesi fa in Israele, nella cittá di Tel Aviv, dove tre attivisti si fecero tatuare a fuoco vivo sulla pubblica via il numero 269 con l’intento di porre l’attenzione sullo sfruttamento degli animali non umani e sulla necessità della loro liberazione. In pochi giorni il video fece il giro del mondo e ricevette migliaia di visite su youtube, provocando ammirazione e scandalo, ma soprattutto provocando tra le persone appartenenti al movimento antispecista un sentimento di solidarietà che fece si che in poco tempo il numero 269 si sia convertito spontaneamente in un vero e proprio simbolo del movimento per la liberazione animale.
Come mai si è scelto di ricorrere ad un gesto così forte?
L’obiettivo della marchiatura a fuoco è quello di generare coscienza sulla sofferenza di esseri che sono capaci di sentire e di soffrire esattamente come noi, provocare un sentimento di empatia nei loro confronti e fare in modo che le persone aprano gli occhi  su una questione che normalmente tende a rimanere nascosta dietro le pareti degli allevamenti, dei mattatoi, dei laboratori di sperimentazione animale. La realtà di milioni di individui, esseri senzienti, che vivono la più misera delle vite per soddisfare le esigenze della società umana. Sono cosciente che questo tipo di azione possa risultare sgradevole da vedere, ma credo che la verità debba essere mostrata. E questa è la verità… nei centri di sfruttamento animale, questi individui vengono marchiati a fuoco, scornati, castrati senza anestesia, vivisezionati  tutti i giorni, e questa è la realtà.   Il fatto che questo avvenga lontano dai nostri occhi, non significa che non succeda… il mio appello per tutti coloro che credono che questa azione sia troppo forte e per questo la criticano, è di pensare che quando qualcosa non ci piace, la soluzione non è rifiutare che esista, ma cambiarla.

Esiste un nesso tra il movimento 269 ed il concetto di schiavitù?
Si, certamente. Il simbolo del marchio a fuoco vuole rappresentare il chiaro legame che esiste fra il trattamento che fino a poche decine di anni fa veniva riservato agli schiavi neri ed il trattamento a cui vengono sottomessi gli animali nella nostra società.
Esiste difatti uno stretto parallelismo tra il razzismo, ovvero la discriminazione arbitraria di altri individui per il solo fatto di appartenere ad una razza differente, e lo specismo: la discriminazione arbitraria di altri individui per il solo fatto di appartenere ad una specie differente. Oggigiorno esercitiamo un dominio assoluto sul resto degli animali sulla base dello stesso principio che giustificava la schiavitù umana, principio secondo il quale essi sono, semplicemente, intellettualmente inferiori.
Sulla base di questa superiorità intellettuale ci arroghiamo il diritto di sfruttare, utilizzare e trattare come oggetti milioni di individui, quando la nostra straordinaria capacità mentale dovrebbe essere invece ciò che ci impone il dovere morale di avere cura di coloro che sono più deboli rispetto a noi.
Tu come hai pensato di organizzare questa manifestazione?
Da diversi mesi pensavo di voler  fare qualcosa cercare di rafforzare l’unione del movimento antispecista al di là dell’appartenenza ad organizzazioni  diverse. Pensavo che gli antispecisti dovessero dare un segnale unitario per il raggiungimento del nostro unico obiettivo che è la liberazione animale. Ho contattato Alexander Bojoor, colui che ha organizzato il primo video in Israele e gli ho proposto il mio progetto di organizzare una manifestazione mondiale che unisse tutti gli antispecisti del mondo e che potesse dare un segnale importante della nostra presenza, del nostro attivismo e soprattutto del fatto che tra noi non esistono divisioni ma un unico grande fine, liberare gli animali dall’oppressione e dalla schiavitù a cui sono sottomessi.
In due settimane ho mandato più di duemila messaggi e- mail a tutti i contatti del mondo antispecista che conoscevo e che cercavo sulle reti sociali, spiegando loro il mio progetto. Dal giorno in cui tutto questo è iniziato sono passati due mesi, e ad oggi abbiamo registrato l’adesione di migliaia di attivisti in 15 paesi e decine di città tra cui Milano, Valencia, Montpellier, Francoforte, Amburgo Copenaghen, Praga, New York, Rio de Janeiro, Budapest, Atene, Buenos Aires, Lisbona, Porto, San Pietroburgo, Johannesburg…
Cosa ne pensi della spaccatura nel mondo antispecista e associazionista nel mondo?
Penso sia un’occasione sprecata ed è per questo che ho organizzato questa manifestazione. Il nostro obiettivo deve essere sempre presente quando ci attiviamo e dovremmo per questo superare divisioni ed incomprensioni dedicandoci invece alla costruzione di un’informazione sempre più chiara, efficace ed unica verso chi ancora non conosce  in cosa consiste lo sfruttamento e la schiavitù animale. Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo essere tolleranti ed accoglienti e capire che ogni persona, ancora non vegana, che vuole cambiare deve essere accompagnata nel processo di cambiamento considerando che questo potrà essere graduale. Ogni passo è utile e deve essere sostenuto per giungere alla liberazione animale.
In quest’ottica quale azione secondo te è più efficace per rendere le persone consapevoli?
Dalla mia esperienza come attivista di strada e grazie ai miei studi in psicologia ho appreso  che per essere un attivista efficace, esistono alcune cose da tenere in  conto, e che sono fondamentali se il nostro proposito è promuovere un cambio sociale. Bisogna sempre capire chi abbiamo di fronte e modulare l’informazione, che deve essere sempre chiara, precisa e fondata su un nostro studio personale approfondito. Questo è molto importante ai fini dell’efficacia della trasmissione del nostro messaggio. Dobbiamo, inoltre, essere consapevoli, che le persone sono resistenti ai cambiamenti e che, ribadisco, ogni cambiamento nella direzione desiderata deve essere accolto con favore. Siamo intrisi di abitudini e condizionamenti culturali tali che  a volte sembra che il cambiamento sia qualcosa di impossibile, ma l’esperienza mi insegna che non è così. Tutti possono cambiare idea. Il compito di un buon attivista dovrebbe essere quello di favorire un’informazione scientificamente valida, e trovare il modo di fare perno sulla naturale empatia che è in ognuno di noi e che nasce con noi per poi venire soffocata, spesso, durante la crescita. Inoltre, credo che un buon attivista dovrebbe dedicare tanto tempo a spronare le persone a scegliere il cammino del veganismo, quanto a spiegare loro come farlo. Quando ci predisponiamo di creare un cambiamento, offrire sempre un’alternativa di facile accesso è di fondamentale importanza.
Quest’evento sarà ricordato nella storia della liberazione animale, sei soddisfatta di esserti imbarcata da sola nell’organizzazione di una cosa tanto grande?
Se ti dico la veritá, quando ho cominciato tutto questo, non avevo idea di ciò in cui mi stavo imbarcando. Sicuramente è stata l’incoscienza a farmelo fare e la mia ferrea e ferma volontà di fare qualcosa di efficace per la liberazione animale. Adesso sono davvero stanca, ma contenta. Spero che il mio sforzo sia ripagato con una maggiore consapevolezza sul tema dello sfruttamento animale, e con una maggiore unione da parte di tutti coloro che, come me, sognano un mondo in cui i valori universali di giustizia ed uguaglianza siano una realtà. Per quanto mi riguarda, sola o accompagnata, io non smetterò mai di lottare. Fino all’ultima gabbia vuota.

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