mercoledì 17 aprile 2013

Violenza sugli animali a Segni, dai randagi al maialino




I primordiali insediamenti umani a Segni, in provincia di Roma, vengono fatti risalire all’età del bronzo, e di quell’epoca lontana sembra si custodiscano alcune maniere. Gatti e cani randagi uccisi a bastonate e colpi di fucile assieme quello che si direbbe il ripristino, l’anno scorso, della feroce Giostra del Maialetto in cui un cucciolo viene sottoposto a pubblico supplizio, gettano un’ombra densa su questa cittadina altrimenti bella e antichissima. “Siamo al fianco di chi ci ha segnalato queste nefandezze” dice Carla Rocchi, presidente dell’Enpa-Ente nazionale protezione animali che sta depositando una denuncia presso la Procura della Repubblica di Velletri “con il grande rammarico di vedere un luogo dal passato tanto glorioso toccato da questo indecoroso presente.”La prima associazione a mobilitarsi, nei mesi scorsi, contro la strage di randagi, è Happy Endings, raggiunta dall’appello delle uniche gattare locali, una signora di novant’anni e la sua badante. Nel dicembre scorso le donne segnalano nuove uccisioni violente di felini e pregano i volontari di trovare adozione ai superstiti. “Li abbiamo sistemati tutti presso famiglie” spiega il presidente Gianluca Miani “ma ci siamo resi conto che questo accanimento va avanti da anni. Sembra che in paese sia avallata una forma di fastidio verso gli animali vaganti, risolta attraverso un gioco al massacro. Abbiamo provato invano a contattare Stefano Corsi, sindaco di Segni, il quale non ha mai risposto alle nostre e-mail o telefonate.” Al momento irraggiungibile anche per commentare la situazione con la stampa, il primo cittadino tuttavia dirama, il mese scorso, una circolare con cui invita le persone a segnalare eventuali aggressioni agli animali. Ma la situazione esplode un paio di settimane fa, quando Celeste, micio di due anni, viene ritrovato con il cranio sfondato da “corpo contundente appuntito” come dice il referto veterinario. Il gatto è ora in disperata lotta per la vita presso la clinica Sos Colli Portuensi; cure e delicati interventi chirurgici sono sostenuti interamente dai volontari, che hanno chiesto e ottenuto aiuto attraverso un evento facebook che sta riscuondo solidarietà in tutta Italia.Anche l’Ugda-Ufficio garante diritti animali scrive a Corsi senza ottenerne reazione: “Gli abbiamo chiesto di sporgere subito denuncia contro ignoti,” spiega la presidente Paola Suà “nonché di farsi carico, come Comune, delle spese per tentare il difficile salvataggio di Celeste. Infine, contestiamo quello che ci risulta il ripristino della nota festa popolare locale, la cui vittima è un maialino.”La legislazione nazionale contro i maltrattamenti agli animali prevede una deroga in favore delle  cosiddette manifestazioni tradizionali che coinvolgono esemplari di ogni specie. Eccettuata un’ordinanza dell’ex sottogretario alla salute Francesca Martini, peraltro relativa ai soli eventi in cui siano impiegati equidi e in scadenza a luglio, in Italia sopravvivono quindi innumerevoli feste e sagre dove gli animali vengono tormentati a criterio delle regioni. Nel Lazio è stato addirittura proposto un albo che le garantisca. Ma il racconto di Animal Liberation,   l’associazione che nel 1992 ottenne la sospensione della Giostra del Maialetto di Segni denunciandone la brutalità, è ancora sconvolgente. “Venimmo da Bologna per assistere alla folla impazzita che inneggiava al massacro di un cucciolo” spiega la presidente Lilia Casali “e quando la nostra attivista Morena Menzani e io intervenimmo fisicamente per impedirlo, siamo state malmenate. L’avvocato Maggiorelli portò avanti per noi una causa in cui si ottenne la condanna in primo grado per maltrattamento animale dell’allora sindaco di Segni e del presidente della Pro Loco al tempo, che rispettivamente avevano autorizzato e organizzato la manifestazione. 


“Sembrava di trovarsi nel Medioevo. Il piccolo di maiale arrivò in una gabbia, già sanguinante e terrorizzato. Fu gettato nell’arena mentre la gente  lo insultava lanciandogli bottiglie e lattine, le madri incitavano i bambini a sputargli,” ricorda Morena. “Il cucciolo sbavava, urinava preso dal panico; intanto omaccioni all’inizio incappucciati cercavano di colpirlo armati di ramazze. Quindi, si tolsero le bende e presero a percuoterlo a morte. Ci lanciammo in mezzo a loro e si accanirono anche su di noi, le forze dell’ordine ci trascinarono via. Lilia citò la violazione dell’articolo 727 e il maresciallo le rispose: ‘ma quali leggi signorina, qui siamo in Italia’”. L’anno seguente Lilia e Morena tornano e il maialino è sostituito da un pupazzo, “con la gente che grida: ‘vogliamo il sangue vero’”.  Oggi, di fronte ai più recenti accadimenti, ci s’interroga sul senso dell’educazione dei singoli e della comunità al rispetto e al decoro, cui anzitutto una moderna legislazione dovrebbe corrispondere.
AGGIUNTA
Dati i commenti rammaricati di diversi abitanti di Segni i quali lamentano una critica generalizzata, oppure propongono un quadro radicalmente opposto a quanto denunciato dalle associazioni animaliste, desidero precisare che non esiste alcun intento di denigrare una cittadinanza, nel suo insieme di sicuro civilissima e gentile verso persone e animali. Forse, proprio in virtù del comprensibile orgoglio di appartenenza, si potrebbe sperare in un concreto aiuto per isolare gli episodi violenti nonché in una riconsiderazione dell’opportunità, nel 2013, di porre al centro di un’arena frastornante un animale. In ogni caso gli episodi elencati, testimoniati e denunciati da figure rispettabili, appaiono gravi e meritano attenzione e riflessione. Che sarebbero stati certo più completi se il Sindaco della Città, o un suo delegato, si fossero resi disponibili a commentare e spiegare. Una dialogo finora negato, a quanto pare, anche alle associazioni menzionate. Fra i commenti, si è aggiunto quello dell’ex assessore alla Cultura di Segni, Maurizio Guidaldi, che riferisce in prima persona una verità del tutto discrepante da quanto portato in tribunale, nel 1992, da Animal Liberation e Centro Animalista Cruelty Free: alla sentenza di allora (Reg Sent 214/95 Reg Gen Noto Reato 4913/92), pronunciata a Velletri il 18 settembre 1995 dal giudice Pietro Di Dionisio  e agli inquirenti di oggi il compito di rendere i fatti inequivocabili.


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